Quale strumento usare

Quale strumento usare?

Tutti coloro che per la prima volta si sono dilettati all’osservazione del cielo con l’ausilio di un binocolo, e hanno deciso di acquistare uno strumento, si saranno sicuramente posto la domanda: quale telescopio scegliere, rifrattore o riflettore?
L’ideale sarebbe quello di possedere entrambi gli strumenti, poiché ognuno fornisce le prestazioni in quei campi dove l’altro telescopio è deficitario o viceversa, quindi la decisione che deve prendere il neofita nella scelta dello strumento è in base al tipo di osservazione che egli intende effettuare e al luogo in cui verrà eseguita abitualmente. Per questa scelta è utile sapere l’importanza che ha la nostra atmosfera sulla qualità dell’immagine ottenibile nei vari strumenti astronomici in commercio.
Quando arrivano dal cielo fasci di onde luminose, incontrando l’atmosfera, vengono deviate dal movimento, dalla composizione dei vari strati d’aria che si trovano in alta e bassa quota e dalla diversa temperatura e densità.
Questo grave inconveniente è chiamato: seeing (turbolenza atmosferica). Questo problema è presente in maniera rilevante in tutto l’arco dell’anno. All’osservatore appariranno delle immagini tremolanti e poco nitide, in alcuni casi addirittura confuse, tali da mettere a dura prova la pazienza e l’entusiasmo di coloro che si aspettano degli ottimi risultati dal loro strumento.
Dopo molti anni di osservazioni, usando sia rifrattori che riflettori, abbiamo potuto constatare come il fenomeno della turbolenza atmosferica non danneggia allo stesso modo l’immagine dei corpi celesti che si osservano. Infatti, è più facile ottenere dal riflettore ottime definizioni di oggetti deboli e diffusi, ma non del sole, luna e pianeti. Questo perché la turbolenza atmosferica non influisce nella stessa misura sulla qualità delle immagini dei diversi corpi celesti, a seconda del tipo di strumento usato.
Una stella è considerata una sorgente luminosa puntiforme, che emana un unico fascio di raggi paralleli di luce, per cui l’immagine teorica di una stella, vista attraverso un telescopio otticamente perfetto, si presenta come una figura di diffrazione anche al di fuori dell’atmosfera, mentre l’effetto della turbolenza atmosferica rende l’immagine molto più confusa, diminuendo il potere separatore teorico dello strumento.
Ad un osservatore terrestre, dal momento che l’atmosfera non rappresenta un mezzo ottico omogeneo, arriveranno sul piano focale del telescopio i raggi di luce deviati in modo difforme e variabile.
Spieghiamo meglio il concetto. Il fenomeno di diffrazione della luce impedirà che sul piano focale dello strumento l’immagine di una stella non risulti puntiforme, ma sarà formata da un piccolo disco molto luminoso al centro e circondato da anelli più o meno brillanti.

figura di airy
Figure 1. Figura di Airy

I pianeti sono invece oggetti luminosi rispetto alle stelle, con bordi e dettagli molto netti dove le immagini di diffrazione dei vari punti si comporteranno come nel caso di una sorgente luminosa e puntiforme di una stella, mostrando più o meno le stesse alterazioni causate dalla turbolenza atmosferica, con l’aggravante che, se li osserviamo attraverso un oculare, la turbolenza sarà più o meno evidenziata a seconda dell’ingrandimento usato.
Qualunque strumento basa il suo funzionamento sulla concentrazione dei raggi luminosi in un punto appartenente al suo “piano focale“ grazie al suo obiettivo, specchio o lente che sia. Abbiamo indicato, nel capitolo relativo all’ottica dei telescopi, che il requisito fondamentale di un obiettivo è il suo diametro, poiché da esso dipendono la capacità di raccolta della luce e il potere separatore

La prima caratteristica è facilmente intuibile dal momento che, tanto più grande è un obiettivo maggiore è la quantità di luce che riuscirà a raccogliere.

Il potere separatore indica le dimensioni (espresse in secondi d’arco) dei particolari più piccoli distinguibili con un determinato strumento. Quanto più grande è il diametro dell’obiettivo, tanto più piccoli sono i dettagli riscontrabili sulle superfici del sole, luna e pianeti.

Il potere risolutivo teorico (potere separatore) di uno strumento è dato dalla formula:

\(\frac{120}{D}\)

dove D è il diametro dell’obiettivo espresso in millimetri.

Alcuni consigliano nella pratica di utilizzare il valore 240/D al fine di tener conto dell’eventuale turbolenza atmosferica (seeing). Il potere risolutivo teorico così calcolato rappresenta la minima distanza angolare (limite di Dawes) per la quale il nostro occhio posto all’oculare di un telescopio è ancora in grado di vedere due punti luminosi vicini come separati.

Ora, passiamo ad analizzare il rifrattore come strumento d’indagine per le osservazioni solari, valutandone i pregi e i difetti; nel seguito dei prossimi capitoli faremo le stesse valutazioni con il riflettore.
L’obiettivo di un rifrattore generalmente è formato da due lenti accoppiate, con quattro superfici ottiche lavorate con alta precisione. Questo comporta (unico difetto del rifrattore) un alto costo dello strumento. Bisogna però considerare che la lente offre (pregio del rifrattore) prestazioni ottiche non raggiungibili dai telescopi a specchio di pari diametro.

Un rifrattore con obiettivo aperto a 10 cm rende quanto un riflettore con apertura di 15 cm. Inoltre, con il primo si può apprezzare l’alto contrasto d’immagine tipico di questo strumento, perciò molto indicato sia per l’osservazione planetaria che per i fini dettagli rilevabili sul sole e sulla luna. Al contrario, il rifrattore non è particolarmente indicato al rilevamento di oggetti deboli a causa della lunga focale che hanno questi strumenti che non permettono il raggiungimento del limite minimo ideale d’ingrandimenti necessari per l’osservazione di comete, nebulose e galassie, invece possibile con i riflettori.

Da questi pregi e limiti si può facilmente dedurre che il rifrattore è lo strumento principe per chi vuole cimentarsi nell’osservazione della stella Sole nella molteplicità dei suoi fenomeni, dove trova un ottimo impiego nelle osservazioni in luce bianca, specialmente se lo strumento è dotato della montatura equatoriale alla tedesca che permette un’ampia libertà di movimenti in entrambi gli assi.

Rudolf Wolf, all’osservatorio astronomico di Zurigo, per le sue osservazioni impiegava un rifrattore con apertura di 8 cm, e 100 cm focale. Ottenne ottimi risultati utilizzando al meglio il suo strumento secondo una corretta metodologia d’indagine. Il sole, avendo un diametro apparente di circa mezzo grado, permette un’ottima osservazione anche con telescopi di modesta apertura.

Contrariamente all’osservazione notturna, quella sul sole crea parecchi problemi se gli strumenti non sono adeguati usando le opportune misure di protezione per attenuarne la sua accecante luminosità. Se è impossibile osservarlo per pochi attimi ad occhio nudo, figuriamoci cosa può succedere se viene osservato con strumenti privi di protezione.
Se nelle osservazioni si usano strumenti con aperture sino a 6 cm, è sufficiente avvitare un filtro solare all’oculare senza la paura di rottura dovuta al calore che si forma all’interno dei telescopi. Con aperture maggiori è indispensabile diaframmare gli obiettivi (Figure 2) per portare il rapporto focale dello strumento a focali tra F/20 e F/40 oppure usando dei filtri a tutta apertura.

Rifrattore diaframmato
Figure 2. Rifrattore diaframmato

Facciamo un esempio su quanto appena esposto. Se abbiamo un rifrattore da 8 cm di diametro, con una lunghezza focale di 120 cm (rapporto focale = F/15) e lo diaframmo a 6 cm praticando un foro posto al centro del tappo di chiusura del barilotto porta-lente, avremo un allungamento del rapporto focale che sarà di F/20, infatti:

\(F = \frac{120}{6} = 20\)

È opportuno ricordare che uno strumento diaframmato a x mm di diametro non darà mai la stessa immagine e potere risolutivo di un pari telescopio non diaframmato, ciò è facilmente intuibile dal momento che ogni strumento costruito per un certo tipo di osservazioni avrà un rapporto focale iniziale sempre ottimale al diametro e tipo di obiettivo.
In questa nostra esposizione, abbiamo preferito iniziare con il rifrattore, in quanto esso risponde in maniera ottimale all’indagine fotosferica. Ricordiamo poi che i piccoli rifrattori sono strumenti posseduti da moltissimi anziani e giovani astrofili.
È ovvio che i numerosi consigli e le tecniche descritte per questo tipo di strumento possono essere estese anche per i possessori di piccoli e medi riflettori, anche se questi non sono i più idonei all’osservazione solare.

Non ripeteremo mai abbastanza che la scelta della metodica osservativa è facoltativa e non vincolante. Ogni neofita potrà scegliere quella più idonea alle sue capacità personali e al tipo di strumentazione in suo possesso. Se seguirete i consigli e le metodologie che indicheremo in questo manuale, si possono ottenere importanti risultati che in breve tempo saranno equivalenti ad un osservatore esperto. Assimilate le tecniche adeguate, all’osservatore neofita è consigliata l’adesione ad associazioni o gruppi di ricerca in questo specifico campo d’indagine per ottenere dei risultati vicini a quelli rilevati in campo internazionale.

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